Attilio Ferraris detto Ferraris IV (Roma, 26 marzo 1904 – Montecatini Terme, 8 maggio 1947) è stato un calciatore italiano, di ruolo mediano. Egli è stato campione del Mondo con la Nazionale italiana nel 1934.
Ferraris, nativo del Rione Borgo (Roma), era cresciuto in una numerosa famiglia di otto figli: 4 maschi e 4 femmine. Il padre era di origine piemontese e proprio per questo la Juventus chiese il passaggio di Attilio in bianconero. Lui però rispose che non avrebbe venduto suo figlio, perché sapeva che egli voleva continuare a giocare nella squadra della sua città. “Tilio” viveva in una famiglia dove il gioco del calcio era pane quotidiano. Era conosciuto sui campi da calcio come Ferraris IV, perché anche gli altri fratelli, che erano più grandi di lui, giocavano. La sorella, infatti, lo ricorderà come un ragazzo allegro, di una generosità non indifferente e che aveva un grande amore per la sua famiglia. Inoltre, amava molto anche i bambini e quando tornava dalle trasferte della Nazionale, Attilio riceveva spesso richieste da loro come foto, autografi e lui, ogni volta apriva la valigetta e gli dava regolarmente la maglia azzurra.
Cominciò la sua carriera nella Fortitudo. Il 7 giugno 1927, dalla fusione della stessa Fortitudo con le società Alba Audace e il Roman, nacque la AS Roma, e Ferraris ne diventò il primo capitano della sua storia. Era sempre protagonista mettendo in campo giocate eleganti accompagnate da cattiveria agonistica senza mai tralasciare correttezza e sportività. In totale con la maglia della Roma disputò 198 partite segnando tre gol, giocando mediano laterale, terzino o anche centromediano. Insieme all’amico Fulvio Bernardini formò una coppia storica della Roma di Campo Testaccio. Rimasero celebri le parole con le quali decise di cedergli la fascia di capitano: “A Fu’ tu sei er mejio: er capitano fallo tu…”, testimonianza anche del suo temperamento da vero romano oltre che da romanista. Aveva un carattere non molto vicino alla disciplina, in quanto egli era un uomo dai gusti raffinati, amava vestirsi bene, era cultore delle macchine di grossa cilindrata e, soprattutto, col vizio accanito del gioco. Gioco che gli risucchiava, senza rimorsi da parte sua, gran parte del denaro guadagnato con il calcio. Le sue abitudini si conciliavano poco e male con il ruolo di calciatore; spesso saltava gli allenamenti. Il presidente Sacerdoti doveva spesso proteggerlo dalle sfuriate degli allenatori della Roma. Poi, quando si presentò per l’ennesima volta in ritardo ad una partita di campionato, la misura fu colma e Ferraris IV venne messo fuori rosa. A 30 anni, la sua carriera di calciatore sembrava seriamente compromessa. Lo risollevò da quel periodo un po’ grigio e anonimo il CT della Nazionale che andò a cercarlo personalmente nel suo bar trovandolo con la stecca da biliardo in mano e una sigaretta in bocca. Ferraris promesse di smettere di fumare e di provare a prepararsi per il mondiale. Ci riuscì: si allenò con determinazione ed una dedizione che non gli si erano stati mai riconosciuti prima e con la Nazionale divenne Campione del Mondo. La sua fantastica rinascita al Mondiale del 1934 rilanciò la sua carriera e il presidente laziale Gualdi lo volle tanto fortemente che offrì 150.000 lire pur di vestirlo di biancoceleste. La Roma accettò i soldi e così Attilio passò di sorpresa alla Lazio, dove disputò 39 partite. Il periodo biancoceleste fu però breve e dopo due anni venne ceduto al Bari. Con i pugliesi firmò 54 presenze in due stagioni, poi nel 1938 tornò alla sua Roma, e infine terminò la sua carriera professionistica nel Catania, dove ricoprì semplicemente il ruolo di allenatore.
Ferraris in Nazionale
Fu il primo giocatore della Roma a vestire la maglia della Nazionale italiana: esordì il 1º gennaio 1928 a Genova, in occasione di Italia-Svizzera (3-2). Sempre nel 1928 figurò nella squadra vincitrice della medaglia di bronzo ai Giochi olimpici di Amsterdam. La sua vita sregolata, dedita alle sigarette e al gioco, ne aveva provocato l’uscita dal giro azzurro e pure dalla sua squadra di club, minandone le qualità di grande combattente. A sorpresa, quando era già mentalmente e atleticamente un ex giocatore, il Commissario unico della nazionale Vittorio Pozzo, che ne conosceva le qualità, gli concedette fiducia e lo convocò per il Campionato mondiale 1934 che si sarebbe disputato in Italia. Così, ripescato e rimessosi a nuovo grazie alla feroce applicazione, si presentò al ritiro sul Lago Maggiore in condizioni fisiche smaglianti, diventando uno dei baluardi della squadra azzurra. Inizialmente partito come riserva, venne chiamato in causa nella ripetizione della sfida del quarto di finale contro la Spagna per sostituire (giocando poi fino alla fine del torneo) Pizziolo, che nella prima partita si era fratturato una gamba (dalla stessa partita erano usciti malconci ed esausti e non giocarono nella ripetizione anche Schiavio e Ferrari). Schierato nel ruolo di interno destro fu protagonista di una grande prestazione trascinando con la sua carica agonistica i compagni di squadra. Non uscì più dall’undici titolare arrivando fino alla finale di Roma dove si laureò Campione del mondo.
La morte
Morì a Montecatini l’8 maggio 1947, su un campo di calcio, durante una partita. La sua tomba al cimitero monumentale del Verano riporta la lapide “Attilio Ferraris – Campione del Mondo”. Ai funerali sulla sua bara ci fu la maglia della Nazionale di Bernardini: invano se ne cercò una di Attilio, e non trovandola fu proprio il fraterno amico a porgere la sua.
Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpionico