[vc_row][vc_column][vc_column_text]Michael Jeffrey Jordan, considerato da molti il più grande di sempre, nasce il 17 febbraio a New York nel quartiere di Brooklin dove i genitori James e Dolores si erano appena trasferiti.
La carriera
La famiglia è di umili origini e Michael era molto timido di carattere, studente medio, ma già atleta eccezionale, brilla nel basket, ma anche nel football americano (come quarterback) e nel baseball (come lanciatore). Tutto questo però sembra insufficiente per l’allenatore di basket che decide di non sceglierlo per la squadra di quella che in America equivale alla scuola media. Eppure le sue doti emergono: nelle poche partite che gli è consentito giocare conquista in breve la fama di “dunker”, a causa delle bellissime schiacciate che è in grado di effettuare. Dopo un anno di duro lavoro viene inserito in prima squadra e diventa subito famoso in tutto lo stato tra i migliori giocatori del campionato scolastico. A fine stagione la squadra di Wilmington è campione e per Micheal Jordan arriva anche la convocazione per la partita degli all-stars delle High School. Nel 1981 approda nella famosa lega universitaria americana di basket, alla North Carolina University, al suo primo anno segna il tiro decisivo nella finale della NCAA. Terribilmente assorbito dall’impegno e dalla passione sportiva, abbandona prematuramente l’università. Partecipa alle Olimpiadi di Los Angeles dove vince l’oro. Dopo un’ottima carriera universitaria, dove guidò i Tar Heels alla vittoria del campionato nazionale NCAA nel 1982, Jordan entrò a far parte della NBA. Viene scelto come terzo giocatore nel draft del 1984 dai Chicago Bulls, squadra considerata di bassa classifica, ma al suo arrivo tutto cambia diventando in breve tempo una delle stelle della lega, mostrando grandi doti realizzative. Le sue spiccate qualità atletiche e le sue azioni spettacolari gli valsero, a partire già dalle primissime stagioni disputate tra i professionisti, i soprannomi di Air Jordan e His Airness. Si guadagnò, inoltre, anche la reputazione come uno dei migliori giocatori difensivi. Al termine della prima stagione viene eletto “Rookie of the year” (matricola dell’anno) e dopo pochi mesi viene votato per partecipare all’Allstar Game, che gli permette di essere messo sotto gli occhi del grande pubblico. La seconda stagione però non inizia nemmeno: la causa è un infortunio, il 25 Ottobre 1985, in una partita di allenamento contro i Golden State Warriors. Il risultato sono cinque mesi di stop per una frattura da stress. Il rientro avviene il 14 marzo 1986 quando mancano ancora 18 partite di stagione regolare. La voglia di rivincita è tanta e soprattutto c’è il desiderio di dimostrare che le sue capacità non sono scomparse. Il risultato di questa spinta interiore è eccezionale: nei playoff segna 63 punti contro i Boston Celtics di Larry Bird, la sua miglior prestazione di sempre. Nell’estate 1986 inizia a prendere forma attorno a Micheal Jordan la squadra che diventerà la dominatrice degli anni ’90. Il terzo campionato NBA è per Jordan quello della conferma e della continuità, vince infatti per la prima volta la classifica marcatori con 37.1 punti a partita, una media da fantascienza del basket che forse nessuno riuscirà mai ad avvicinare. Negli 82 incontri di regular season Jordan è il miglior realizzatore dei Bulls in 77 partite, segna due volte 61 punti, arriva a 50 in otto partite, ne mette 40 o più per addirittura 37 volte. Supera la barriera dei tremila punti e con 3041 segna il 35% dei punti totali realizzati da Chicago. Tutto ciò non lo distoglie dall’applicazione in difesa: è il primo giocatore della storia a concludere un campionato con 200 palle recuperate accoppiate a 100 stoppate. Dopo le edizioni “Slam Dunk Contest” del 1987 e del 1988 Michael viene consacrato “Air”, per la sua grandiosa capacità di volare a canestro e di restare in aria. Nel 1991 vinse il suo primo titolo NBA con i Bulls, seguito da altri due nel 1992 e 1993, ottenendo un cosiddetto three-peat. Alle Olimpiadi di Barcellona 1992, insieme a Larry Bird e Magic Johnson, Jordan è una delle stelle del favoloso “Dream Team”: vince il suo secondo oro olimpico. La crisi però è dietro l’angolo. Dopo aver ottenuto tutto ciò che era umanamente possibile ottenere come atleta, Michael Jordan annuncia a sorpresa il suo ritiro. Il 6 ottobre 1993 in una conferenza straripante di giornalisti comunica al mondo la sofferta decisione. Lui stesso ammette in una dichiarazione: “Ho perso ogni motivazione. Nel gioco del basket non ho più nulla da dimostrare: è il momento migliore per me per smettere. Ho vinto tutto quello che si poteva vincere. Tornare? Forse, ma ora penso alla famiglia”. A parte queste dichiarazioni “esistenziali”, a incidere sulla sua decisione sono soprattutto due fattori. Il primo è legato alla vicenda del gioco d’azzardo e alle scommesse, il secondo è la tragica morte di suo padre James, ucciso con un colpo di pistola calibro 38 ai bordi di un’autostrada del North Carolina a scopo di rapina. Quasi un anno dopo il ritiro, il 9 settembre 1994, torna a giocare al “Chicago Stadium” in una partita di beneficenza tra giocatori NBA organizzata dal suo ex compagno Pippen. La cerimonia avviene dentro ad uno United Center stracolmo, le lacrime si sprecano quando viene alzata sul soffitto la tela della sua maglia: la storia del fantastico ‘Air’ Jordan sembra davvero finita. “Voglio dimostrare di poter primeggiare anche in un’altra disciplina”, sono le prime parole del nuovo Jordan. Ecco allora che il 7 febbraio 1994 firma un contratto con la i Chicago White Sox, squadra della major league di baseball. Un sogno coltivato sin da quando era ragazzino, che però si infrange solo dopo 45 giorni quando si dovrà accontentare della molto meno prestigiosa maglia dei Birmingham Barons in una lega di seconda divisione. Ben presto dunque torna a casa, dichiarando che la sua esperienza con il baseball è conclusa. I suoi tifosi iniziano a sperare quando si allena per due giorni di fila con i Bulls. La rete televisiva ESPN interrompe i programmi per dare la notizia di un suo possibile ritorno. Il 18 marzo i Bulls emanano un breve comunicato in cui annunciano l’interruzione del ritiro di Jordan che, accompagnato da alcune guardie del corpo, si presenta a una conferenza stampa superaffollata balbettando solo poche parole: “I’m back!”. Jordan torna ai Bulls nel corso della stagione 1994-95, guidando la squadra ad altri tre titoli consecutivi nel 1996, 1997e 1998, facendo segnare anche il tuttora imbattuto record di 72 vittorie nella regular-season NBA nella stagione 1995–96. Jordan si ritirò quindi una seconda volta dopo aver vinto il suo sesto titolo nel 1998, salvo tornare sul parquet per altre due stagioni nel 2001, questa volta nei Washington Wizards.
Palmares
Tra i risultati ed i riconoscimenti individuali di Jordan figurano 5 MVP Award, 10 presenze nell’All-NBA First Team, 9 nell’All-Defensive First Team, 14 convocazioni al NBA All-Star Game con 3 All-Star MVP Award, 10 titoli come miglior marcatore e 3 come per il maggior numero di palle rubate, 6 NBA Finals MVP Award ed il NBA Defensive Player of the Year Award nel 1988. Detiene il record NBA per la miglior media punti per partita in carriera con 30,12 per la regular season e 33,4 per i playoff.
Curiosità
Nel 1999 è stato nominato come “più grande atleta nord-americano del XX secolo” dal canale televisivo sportivo ESPN, e fu secondo dietro Babe Ruth nella lista degli atleti del secolo stilata dalla Associated Press. È stato scelto per il Naismith Memorial Basketball Hall of Fame il 6 aprile 2009, dove è stato ufficialmente introdotto l’11 settembre 2009. La fama acquisita lo rende un autentico emblema sportivo ed è considerato all’unanimità un campione dentro e fuori dal campo, sia per le imprese individuali e di squadra sia per il successo planetario conseguito. Insomma un grande campione dentro e fuori dal campo che è stato e sarà d’esempio per molte generazioni di giovani sportivi.
Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpico.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]