È arrivata l’estate. Cosa c’è di meglio di una bella bufala fresca? Finito il mese del Pride  abbiamo pensato di smascherare alcune delle bufale più comuni sul cosiddetto “gender”, l’identità alias e i temi LGBTQIA+.

Rinfreschiamo la memoria e sfatiamo un po’ di miti sulle persone LGBTQIA+ e sull’identità alias, riconosciuta di recente da AiCS nel suo sistema di tesseramento.

 

foto: Mike Cohen

foto: Mike Cohen

“La carriera alias è illegale”
Falso!

L’identità alias, detta anche “carriera alias”, è una procedura amministrativa con cui molte scuole, università, aziende, enti e associazioni riconoscono il nome e il genere delle persone transgender e non binarie in attesa della modifica dei documenti legali, che in Italia prevede procedure ancora molto lunghe e complesse. Non sostituisce il documento legale ed è valida solo nell’ambito delle attività dell’ente che la riconosce.

Va chiarito che l’Identità Alias (detta anche Carriera Alias) può essere di due tipi: 1) riconosciuta solo dopo avere iniziato il processo di rettifica del genere anagrafico sui documenti  (supportata da documentazione medica); 2) riconosciuta senza la richiesta di documentazione medica, in base all’autodeterminazione della persona. È un procedimento perfettamente legale, perché il nome d’elezione riconosciuto vale solo per le attività dell’ente che la emette e non sostituisce il documento anagrafico.

“La carriera alias favorisce la “teoria gender” nelle scuole”
Falso!

La teoria del gender non esiste a livello scientifico. Lo dicono la storia della psicologia, della psichiatria, della sociologia, e pure Wikipedia. Si tratta infatti di un neologismo retorico per riferirsi in modo strumentale agli studi di genere. In ambito accademico si considera questa espressione un esempio tipico da leggere nel contesto delle varie teorie del complotto. Esistono invece i progetti di educazione al rispetto e alle differenze, in cui si spiega ad esempio che anche le bambine possono giocare a calcio, se vogliono, o che i bambini possono fare danza. Chi si oppone all’educazione sessuale nelle scuole con la scusa del “gender” priva tutti i bambini e le bambine di informazioni oggigiorno cruciali per prevenire abusi, violenze, discriminazioni e rischi per la salute mentale, sessuale e riproduttiva.

Chi parla di teoria del gender la dipinge come un’ideologia che vuole annullare le differenze sessuali naturali e suggerire a bambini e bambine che si può cambiare genere quando si vuole.  La realtà è che gli studi di genere, da oltre 50 anni, hanno affermato la dimensione culturale del genere, che a prescindere dall’anatomia ha una grande influenza su ciò che ci aspettiamo dagli uomini e dalle donne. Senza gli studi di genere, in pratica, staremmo ancora a dire che le bambine non devono giocare a calcio, devono solo pensare alla casa e non devono indossare i pantaloni. I corsi di educazione al rispetto e alla diversità introducono il concetto di rispetto per la diversità sin dall’infanzia (come raccomanda l’Organizzazione mondiale della Sanità). Si riferiscono in particolare a tutte quelle manifestazioni – già presenti tra bambini e bambine – che spesso vengono considerate non conformi al genere, a partire dalle persone adulte.

“La carriera alias spinge i minori al cambio di sesso”
Falso!

La carriera alias risponde a un’esigenza concreta che viene dagli adolescenti. La varianza di genere in età evolutiva, infatti, è ben documentata come fenomeno ordinario dalle linee guida internazionali per la salute delle persone trans e gender diverse (WPATH -SOC8). In sostanza, ogni persona, anche durante l’infanzia, può manifestare comportamenti non conformi con il genere associato alla nascita. Solo in alcuni casi, una persona potrebbe in seguito affermarsi come trans. L’affermazione del proprio genere attraverso la carriera alias non ha nulla a che vedere con la chirurgia genitale, è un percorso reversibile e permette alla persona di socializzare in modo coerente con la propria identità evitando isolamento, ansia e pensieri suicidari. Le persone trans e non binarie, infatti, sono quelle più a rischio in termini di discriminazione e abbandono scolastico.


“Le persone trans assumono farmaci, quindi sono malate”
Falso!

L’OMS ha stabilito nel 2018 che le persone trans non hanno alcuna patologia mentale rispetto al genere percepito, e non tutte le persone trans assumono farmaci. Inoltre, molte persone assumono farmaci anche senza avere una malattia. La classificazione dell’OMS ICD include diverse situazioni in cui non c’è una patologia da “curare” o da “reprimere”, ma nelle quali i farmaci possono invece facilitare un processo naturale: rafforzare i capelli, ridurre il dolore, indurre il parto, trattare la menopausa, rafforzare le ossa etc.

Nel caso di alcune persone transgender, i farmaci possono supportare il processo di affermazione del genere percepito, riducendo in modo significativo il rischio di ansia, depressione e suicidi, che può essere dovuto alla pressione sociale, al pregiudizio e alla discriminazione. Rispetto alla percezione del genere, quindi, non c’è nulla da ‘curare’.

Nel 2018, l’OMS ha posto l’incongruenza di genere al di fuori delle patologie mentali con l’ICD-11 (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems), entrato in vigore nel 2022. La condizione delle persone transgender rientra ora in un capitolo denominato “Condizioni associate alla salute sessuale”, cioè un insieme di situazioni in cui l’intervento della medicina supporta determinati processi considerati naturali e non “cura” alcuna patologia.

“Carriera alias e affermazione di genere causano danni ai minori”
Falso!

Ciò che causa danni ai minori sono le cosiddette pratiche di conversione, come si afferma chiaramente nelle linee guida WPATH -SOC8. Si tratta di tutti quei tentativi di reprimere comportamenti e manifestazioni che appaiono contrari alle aspettative di genere (varianza di genere): ad esempio, per una bambina, voler giocare solo con i ragazzi, cercare solo giochi considerati maschili. Solo una piccola parte di chi manifesta la varianza di genere in età evolutiva si afferma successivamente come persona trans o non binaria. Le pratiche di conversione, sia per l’orientamento sessuale che per l’identità di genere, sono state definite come vere e proprie torture dalle Nazioni Unite nel 2020.

Secondo le linee guida WPATH-SOC 8, la varianza di genere in età evolutiva è una variabile ordinaria.

Lo sviluppo successivo di identità transgender e non binarie, a partire dall’adolescenza, riguarda una piccola percentuale.

I dati IPSOS PRIDE 2023 forniscono alcuni numeri circa la popolazione trans e non binaria a livello globale. Nel complesso la percentuale è del 3%, mentre per la generazione Z è del 6% (1% trans, 5% non binaria).

Molte persone non-binarie (che non si riconoscono in nessuno dei due generi convenzionali) non ricorrono a terapie ormonali o interventi chirurgici.

“Le donne trans invaderanno gli spogliatoi femminili”
Falso!

Chi si afferma come donna solitamente fugge dal maschilismo ed è colpita dalla discriminazione sessista e misogina in modo simile rispetto alle donne cis. Viene vista come una persona incapace di essere “uomo” (il genere privilegiato) e che quindi si mescola con il genere femminile, pensato ancora con la narrazione del “sesso debole”.

Chi pensa che ci si possa improvvisamente affermare come donna solo per sbirciare negli spogliatoi forse ha un po’ la coda di paglia e confonde rari casi di abuso degli strumenti di autodeterminazione con la totalità delle persone trans e non binarie.

A seconda delle richieste delle persone in ciascun gruppo sportivo, è possibile promuovere buone pratiche per creare spazi sicuri, ad esempio prevedendo spazi chiusi per cambiarsi oppure spazi a parte nel caso siano richiesti da alcune atlete o atleti.

Le persone trans e non binarie, inoltre, rappresentano il 3% della popolazione e sono per oltre la metà escluse dallo sport.

Lo spogliatoio si costruisce sempre insieme attraverso la dinamica di gruppo e spesso basta costruire occasioni di dialogo con persone che pensiamo”diverse” per superare i pregiudizi.

 

“Ci sono farmaci che fanno cambiare sesso ai bambini”
Falso!

Esiste la triptorelina, un farmaco già collaudato da oltre 30 anni per la pubertà precoce, con effetti totalmente reversibili. Nel caso di adolescenti con incongruenza di genere che soffrono in modo particolare la pressione sociale e il minority stress dovuto alle aspettative di genere, è stato definito farmaco salva-vita da ben 12 società scientifiche italiane. Somministrato all’inizio della pubertà (Tanner 2) solo in casi  specifici, consente loro di sospendere temporaneamente lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari per dare più tempo di esplorare la propria identità di genere.

Il farmaco non si somministra a tutte le persone che ne fanno richiesta. Secondo i dati della regione Toscana, nel 2022, al Centro regionale per l’incongruenza di genere (CRIG) dell’Ospedale Careggi di Firenze, si sono registrati 60 accessi e 18 prescrizioni per il trattamento farmacologico; nel 2023 i numeri sono saliti rispettivamente a 150 e 26.

Secondo quanto affermato di recente da 12 società scientifiche italiane, si tratta di un farmaco che può ridurre del 70% il rischio di suicidio nella popolazione transgender e gender variant. Le stesse società scientifiche in linea con AIFA (Agenzia Italiana del farmaco 2019) affermano che la valutazione deve essere condotta da un team multidisciplinare con specialista in neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, endocrinologia pediatrica, psicologia dell’età evolutiva e bioetica.

foto: Instituto Bernabeu Alicante

foto: Instituto Bernabeu Alicante

“La comunità LGBT+ usa l’utero delle donne povere per fare bambini”
Falso!

Il cosiddetto “utero in affitto” in realtà è una pratica di riproduzione assistita conosciuta in Italia come GPA (gestazione per altri), di cui beneficiano globalmente per la quasi totalità dei casi coppie eterosessuali (9 su 10). La GPA prevede che una donna porti avanti la gravidanza per conto di un’altra coppia o persona single. In Italia la GPA è proibita dalla legge 40/2004. I Paesi che regolano la GPA prevedono nella maggior parte dei casi la forma altruistica: la donna che porta avanti la gravidanza viene semplicemente rimborsata degli oneri e del costo delle visite mediche. I paesi al mondo in cui questa pratica retribuisce le donatrici sono invece pochissimi (Russia, Bielorussia, Ucraina, Kazakhstan e alcuni dei 50 Stati USA). Per prevenire lo sfruttamento delle donne è dunque necessario normare con regole precise la GPA altruistica e solidale, e non attaccare la comunità LGBTQIA+.

foto: Andrea Giuliano

foto: Andrea Giuliano

“Con l’aumentare delle persone LGBTI aumentano anche i casi di pedofilia”

Falso!

La pedofilia è un disturbo parafilico che induce una persona adulta a nutrire desiderio sessuale nei confronti di bambine e bambini in età prepubere. L’orientamento sessuale, così come l’identità di genere, sono elementi totalmente irrilevanti in questo disturbo. Chi pensa che la pedofilia appartenga all’ambito LGBTQIA+ confonde due concetti completamente diversi e ignora che la maggior parte degli abusi sui minori viene purtroppo perpetrata dai familiari (il 91,4 % secondo l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’adolescenza, 2021).

Questi sono solo alcuni dei falsi miti che minano la dignità delle persone LGBTQIA+.

Purtroppo, dietro alla maggior parte di questi falsi miti non c’è solo disinformazione, ma il preciso intento di diffondere odio e discriminazione nei confronti di questa minoranza. Informarsi correttamente è fondamentale per sfatare queste credenze e costruire società più inclusive e rispettose verso tutte le identità.

A cura di Rosario Coco e Andrea Giuliano

>>> Leggici anche su Instagram: La bufala del gender!

È arrivata l’estate. Cosa c’è di meglio di una bella bufala fresca? Finito il mese del Pride  abbiamo pensato di smascherare alcune delle bufale più comuni sul cosiddetto “gender”, l’identità alias e i temi LGBTQIA+.

Rinfreschiamo la memoria e sfatiamo un po’ di miti sulle persone LGBTQIA+ e sull’identità alias, riconosciuta di recente da AiCS nel suo sistema di tesseramento.

 

foto: Mike Cohen

foto: Mike Cohen

“La carriera alias è illegale”
Falso!

L’identità alias, detta anche “carriera alias”, è una procedura amministrativa con cui molte scuole, università, aziende, enti e associazioni riconoscono il nome e il genere delle persone transgender e non binarie in attesa della modifica dei documenti legali, che in Italia prevede procedure ancora molto lunghe e complesse. Non sostituisce il documento legale ed è valida solo nell’ambito delle attività dell’ente che la riconosce.

Va chiarito che l’Identità Alias (detta anche Carriera Alias) può essere di due tipi: 1) riconosciuta solo dopo avere iniziato il processo di rettifica del genere anagrafico sui documenti  (supportata da documentazione medica); 2) riconosciuta senza la richiesta di documentazione medica, in base all’autodeterminazione della persona. È un procedimento perfettamente legale, perché il nome d’elezione riconosciuto vale solo per le attività dell’ente che la emette e non sostituisce il documento anagrafico.

“La carriera alias favorisce la “teoria gender” nelle scuole”
Falso!

La teoria del gender non esiste a livello scientifico. Lo dicono la storia della psicologia, della psichiatria, della sociologia, e pure Wikipedia. Si tratta infatti di un neologismo retorico per riferirsi in modo strumentale agli studi di genere. In ambito accademico si considera questa espressione un esempio tipico da leggere nel contesto delle varie teorie del complotto. Esistono invece i progetti di educazione al rispetto e alle differenze, in cui si spiega ad esempio che anche le bambine possono giocare a calcio, se vogliono, o che i bambini possono fare danza. Chi si oppone all’educazione sessuale nelle scuole con la scusa del “gender” priva tutti i bambini e le bambine di informazioni oggigiorno cruciali per prevenire abusi, violenze, discriminazioni e rischi per la salute mentale, sessuale e riproduttiva.

Chi parla di teoria del gender la dipinge come un’ideologia che vuole annullare le differenze sessuali naturali e suggerire a bambini e bambine che si può cambiare genere quando si vuole.  La realtà è che gli studi di genere, da oltre 50 anni, hanno affermato la dimensione culturale del genere, che a prescindere dall’anatomia ha una grande influenza su ciò che ci aspettiamo dagli uomini e dalle donne. Senza gli studi di genere, in pratica, staremmo ancora a dire che le bambine non devono giocare a calcio, devono solo pensare alla casa e non devono indossare i pantaloni. I corsi di educazione al rispetto e alla diversità introducono il concetto di rispetto per la diversità sin dall’infanzia (come raccomanda l’Organizzazione mondiale della Sanità). Si riferiscono in particolare a tutte quelle manifestazioni – già presenti tra bambini e bambine – che spesso vengono considerate non conformi al genere, a partire dalle persone adulte.

“La carriera alias spinge i minori al cambio di sesso”
Falso!

La carriera alias risponde a un’esigenza concreta che viene dagli adolescenti. La varianza di genere in età evolutiva, infatti, è ben documentata come fenomeno ordinario dalle linee guida internazionali per la salute delle persone trans e gender diverse (WPATH -SOC8). In sostanza, ogni persona, anche durante l’infanzia, può manifestare comportamenti non conformi con il genere associato alla nascita. Solo in alcuni casi, una persona potrebbe in seguito affermarsi come trans. L’affermazione del proprio genere attraverso la carriera alias non ha nulla a che vedere con la chirurgia genitale, è un percorso reversibile e permette alla persona di socializzare in modo coerente con la propria identità evitando isolamento, ansia e pensieri suicidari. Le persone trans e non binarie, infatti, sono quelle più a rischio in termini di discriminazione e abbandono scolastico.


“Le persone trans assumono farmaci, quindi sono malate”
Falso!

L’OMS ha stabilito nel 2018 che le persone trans non hanno alcuna patologia mentale rispetto al genere percepito, e non tutte le persone trans assumono farmaci. Inoltre, molte persone assumono farmaci anche senza avere una malattia. La classificazione dell’OMS ICD include diverse situazioni in cui non c’è una patologia da “curare” o da “reprimere”, ma nelle quali i farmaci possono invece facilitare un processo naturale: rafforzare i capelli, ridurre il dolore, indurre il parto, trattare la menopausa, rafforzare le ossa etc.

Nel caso di alcune persone transgender, i farmaci possono supportare il processo di affermazione del genere percepito, riducendo in modo significativo il rischio di ansia, depressione e suicidi, che può essere dovuto alla pressione sociale, al pregiudizio e alla discriminazione. Rispetto alla percezione del genere, quindi, non c’è nulla da ‘curare’.

Nel 2018, l’OMS ha posto l’incongruenza di genere al di fuori delle patologie mentali con l’ICD-11 (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems), entrato in vigore nel 2022. La condizione delle persone transgender rientra ora in un capitolo denominato “Condizioni associate alla salute sessuale”, cioè un insieme di situazioni in cui l’intervento della medicina supporta determinati processi considerati naturali e non “cura” alcuna patologia.

“Carriera alias e affermazione di genere causano danni ai minori”
Falso!

Ciò che causa danni ai minori sono le cosiddette pratiche di conversione, come si afferma chiaramente nelle linee guida WPATH -SOC8. Si tratta di tutti quei tentativi di reprimere comportamenti e manifestazioni che appaiono contrari alle aspettative di genere (varianza di genere): ad esempio, per una bambina, voler giocare solo con i ragazzi, cercare solo giochi considerati maschili. Solo una piccola parte di chi manifesta la varianza di genere in età evolutiva si afferma successivamente come persona trans o non binaria. Le pratiche di conversione, sia per l’orientamento sessuale che per l’identità di genere, sono state definite come vere e proprie torture dalle Nazioni Unite nel 2020.

Secondo le linee guida WPATH-SOC 8, la varianza di genere in età evolutiva è una variabile ordinaria.

Lo sviluppo successivo di identità transgender e non binarie, a partire dall’adolescenza, riguarda una piccola percentuale.

I dati IPSOS PRIDE 2023 forniscono alcuni numeri circa la popolazione trans e non binaria a livello globale. Nel complesso la percentuale è del 3%, mentre per la generazione Z è del 6% (1% trans, 5% non binaria).

Molte persone non-binarie (che non si riconoscono in nessuno dei due generi convenzionali) non ricorrono a terapie ormonali o interventi chirurgici.

“Le donne trans invaderanno gli spogliatoi femminili”
Falso!

Chi si afferma come donna solitamente fugge dal maschilismo ed è colpita dalla discriminazione sessista e misogina in modo simile rispetto alle donne cis. Viene vista come una persona incapace di essere “uomo” (il genere privilegiato) e che quindi si mescola con il genere femminile, pensato ancora con la narrazione del “sesso debole”.

Chi pensa che ci si possa improvvisamente affermare come donna solo per sbirciare negli spogliatoi forse ha un po’ la coda di paglia e confonde rari casi di abuso degli strumenti di autodeterminazione con la totalità delle persone trans e non binarie.

A seconda delle richieste delle persone in ciascun gruppo sportivo, è possibile promuovere buone pratiche per creare spazi sicuri, ad esempio prevedendo spazi chiusi per cambiarsi oppure spazi a parte nel caso siano richiesti da alcune atlete o atleti.

Le persone trans e non binarie, inoltre, rappresentano il 3% della popolazione e sono per oltre la metà escluse dallo sport.

Lo spogliatoio si costruisce sempre insieme attraverso la dinamica di gruppo e spesso basta costruire occasioni di dialogo con persone che pensiamo”diverse” per superare i pregiudizi.

 

“Ci sono farmaci che fanno cambiare sesso ai bambini”
Falso!

Esiste la triptorelina, un farmaco già collaudato da oltre 30 anni per la pubertà precoce, con effetti totalmente reversibili. Nel caso di adolescenti con incongruenza di genere che soffrono in modo particolare la pressione sociale e il minority stress dovuto alle aspettative di genere, è stato definito farmaco salva-vita da ben 12 società scientifiche italiane. Somministrato all’inizio della pubertà (Tanner 2) solo in casi  specifici, consente loro di sospendere temporaneamente lo sviluppo dei caratteri sessuali secondari per dare più tempo di esplorare la propria identità di genere.

Il farmaco non si somministra a tutte le persone che ne fanno richiesta. Secondo i dati della regione Toscana, nel 2022, al Centro regionale per l’incongruenza di genere (CRIG) dell’Ospedale Careggi di Firenze, si sono registrati 60 accessi e 18 prescrizioni per il trattamento farmacologico; nel 2023 i numeri sono saliti rispettivamente a 150 e 26.

Secondo quanto affermato di recente da 12 società scientifiche italiane, si tratta di un farmaco che può ridurre del 70% il rischio di suicidio nella popolazione transgender e gender variant. Le stesse società scientifiche in linea con AIFA (Agenzia Italiana del farmaco 2019) affermano che la valutazione deve essere condotta da un team multidisciplinare con specialista in neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, endocrinologia pediatrica, psicologia dell’età evolutiva e bioetica.

foto: Instituto Bernabeu Alicante

foto: Instituto Bernabeu Alicante

“La comunità LGBT+ usa l’utero delle donne povere per fare bambini”
Falso!

Il cosiddetto “utero in affitto” in realtà è una pratica di riproduzione assistita conosciuta in Italia come GPA (gestazione per altri), di cui beneficiano globalmente per la quasi totalità dei casi coppie eterosessuali (9 su 10). La GPA prevede che una donna porti avanti la gravidanza per conto di un’altra coppia o persona single. In Italia la GPA è proibita dalla legge 40/2004. I Paesi che regolano la GPA prevedono nella maggior parte dei casi la forma altruistica: la donna che porta avanti la gravidanza viene semplicemente rimborsata degli oneri e del costo delle visite mediche. I paesi al mondo in cui questa pratica retribuisce le donatrici sono invece pochissimi (Russia, Bielorussia, Ucraina, Kazakhstan e alcuni dei 50 Stati USA). Per prevenire lo sfruttamento delle donne è dunque necessario normare con regole precise la GPA altruistica e solidale, e non attaccare la comunità LGBTQIA+.

foto: Andrea Giuliano

foto: Andrea Giuliano

“Con l’aumentare delle persone LGBTI aumentano anche i casi di pedofilia”

Falso!

La pedofilia è un disturbo parafilico che induce una persona adulta a nutrire desiderio sessuale nei confronti di bambine e bambini in età prepubere. L’orientamento sessuale, così come l’identità di genere, sono elementi totalmente irrilevanti in questo disturbo. Chi pensa che la pedofilia appartenga all’ambito LGBTQIA+ confonde due concetti completamente diversi e ignora che la maggior parte degli abusi sui minori viene purtroppo perpetrata dai familiari (il 91,4 % secondo l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’adolescenza, 2021).

Questi sono solo alcuni dei falsi miti che minano la dignità delle persone LGBTQIA+.

Purtroppo, dietro alla maggior parte di questi falsi miti non c’è solo disinformazione, ma il preciso intento di diffondere odio e discriminazione nei confronti di questa minoranza. Informarsi correttamente è fondamentale per sfatare queste credenze e costruire società più inclusive e rispettose verso tutte le identità.

A cura di Rosario Coco e Andrea Giuliano

>>> Leggici anche su Instagram: La bufala del gender!