[vc_row][vc_column][vc_column_text]Nel 1984, alle Olimpiadi di Los Angeles, un ragazzotto di 23 anni, dall’aria un po’ spavalda, stava per tracciare una pagina indelebile nella storia dell’atletica leggera. A distanza di 48 anni dalle imprese del leggendario Jesse Owens, nelle Olimpiadi di Berlino del 1936 davanti agli occhi di Hitler, un altro figlio della nera America eguagliava il primato di vincere 4 medaglie d’oro nelle discipline simbolo dell’atletica: 100 metri, 200 metri, salto in lungo e staffetta 4X100. Da quel momento in poi Carl Lewis, come Jesse Owens, divenne per tutti il figlio del vento.


Carlton Frederick Lewis si può definire un predestinato; nato il giorno 1° luglio 1961 a Birmingham, Alabama, nel profondo sud degli USA, i suoi genitori William ed Evelyn erano entrambi atleti, tanto che facevano parte della squadra universitaria della locale Tuskegee. Evelyn addirittura partecipò alle Olimpiadi del 1952 di Helsinki, negli 80 metri ad ostacoli. Un vero e proprio segno del destino. Circola una sorta di leggenda sull’infanzia di Carl Lewis; nel 1963 la famiglia si trasferì a Wellingbro, New Jersey, dove William ed Evelyn fondarono un Club di atletica leggera. Molte volte i genitori non avendo una baby-sitter a cui affidare Carl, portavano il bambino al Club e lo lasciavano giocare nella fossa di sabbia della pedana del salto in lungo, mentre loro si dedicavano agli allenamenti. L’attività sportiva di Carl Lewis iniziò dunque nel Club atletico di famiglia; gli inizi furono difficili ma la stoffa c’era, doveva solo crescere fisicamente. A 14 anni la svolta: divenne il miglior saltatore in lungo dello stato del New Jersey. Un giovane così promettente e dalle doti atletiche fuori dalla norma faceva gola a molte università; Carl scelse la Houston University, spinto dalla presenza di un famoso allenatore di atletica, Tom Tellez. Il legame con Tellez fu determinante e gran parte dei suoi risultati, come dichiara lui stesso, sono dovuti a questa collaborazione. Nel 1980, in piena guerra fredda, si svolgevano le Olimpiadi di Mosca: a 18 anni Lewis era riuscito a qualificarsi come componente della 4×100 statunitensi ma dovette rimandare il suo sogno olimpico, vista la decisione del presidente Jimmy Carter di boicottare i giochi. La ribalta mondiale era comunque dietro l’angolo e Carl si fece trovare pronto ai primi appuntamenti importanti; ai campionati del mondo di Helsinki nel 1983 conquistò 3 medaglie d’oro. Negli USA e nel mondo Carl Lewis era per tutti l’erede di Jesse Owens. Le Olimpiadi di Los Angeles dell’anno seguente confermarono la grandezza di Carl Lewis con il già citato record di 4 medaglie d’oro. Il clamore dell’impresa fece di Lewis un personaggio popolarissimo, nel classico stile tipicamente yankee del “self made man”. Lo show business non distrasse più di tanto però King Carl che continuava a mietere successi e record; nessuno sembrava in grado di avvicinarsi alle sue prestazioni. Nessuno tranne un certo Ben Johnson. I due si affrontarono nella finale dei 100 metri alle Olimpiadi di Seoul 1988, nella gara che passò alla storia per lo scandalo doping. Lewis corse in 9’92 ma il canadese Johnson trionfò con lo straripante tempo di 9’78. Sembrava l’inizio del declino per Carl, che comunque conquistò la medaglia d’oro nel lungo e l’argento nei 200 metri. Alcuni giorni dopo però Ben Johnson venne squalificato per uso di droghe e a Lewis venne assegnata la meritata medaglia d’oro dei 100 metri. A 30 anni compiuti nel 1991, ai mondiali di Tokyo, Carl Lewis regalò a tutti gli appassionati emozioni incredibili, in due gare destinate alle pagine della storia sportiva. Nei 100 metri non era certo il favorito, ma il figlio del vento nella finale diede sfogo a tutta la sua carica agonistica volando al traguardo con il nuovo record del mondo, 9’86 (i record di Ben Johnson vennero cancellati dalla IAAF). Nel salto in lungo sia Carl che il connazionale Mike Powell erano di fronte ad un muro: il record datato 1968 del mitico Bob Beamon, 8 metri e 90 centimetri. Era il record più longevo dell’atletica leggera. Lewis e Powell si sfidarono in una serie di salti sopra gli 8,80 m. La spuntò Powell con il nuovo limite di 8 e 95, ma Lewis contribuì ad una gara da leggenda. L’anno seguente, il 1992, Carl Lewis difese per la terza volta il suo titolo nel salto in lungo ai Giochi Olimpici di Barcellona, aggiungendo un altro oro alla sua collezione con la vittoria nella 4×100 USA. Mancava ancora un appuntamento con la storia. Quattro anni dopo Barcellona, nel 1996 ad Atlanta e a 35 anni suonati, Carl Lewis è presente nella finale del salto in lungo. Sono passati 12 anni dal primo successo olimpico a Los Angeles e nessuno crede in una sua nuova impresa. Inoltre nei tre anni che precedettero l’appuntamento olimpico Lewis fu alle prese con una serie di infortuni che, complice la sua età, gli impedirono di essere competitivo anche nella gare veloci, come gli abituali 100 e 200 metri. Prima del sesto e ultimo salto Lewis non si trovava nemmeno in zona podio. Il suo ultimo salto, l’ultimo della sua carriera, non poteva però rimanere anonimo: fra lo stupore e il giubilo generale King Carl balzò al primo posto, conquistando la quarta medaglia d’oro Olimpica consecutiva nel salto in lungo.

 

Si congedò dalle scene nel migliore dei modi. Da quel giorno si dedicò alle sue fondazioni benefiche (ben quattro), alla sua linea di moda e alla sua innata passione: la recitazione.

 

Il suo palmares finale alle Olimpiadi vanta: 9 medaglie d’oro e 1 medaglia d’argento, conquistate in 4 diverse edizioni.
Il figlio del vento, l’erede di Jesse Owens, è stato per tutti il più grande interprete dell’atletica leggera; un simbolo, un testimonial nel mondo, un campione indimenticabile.

 

Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpico[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]