Marco Pantani è nato a Cesena il 13 gennaio 1970 ed è morto a Rimini il 14 febbraio 2004. È stato un ciclista su strada italiano, con caratteristiche di scalatore puro. Diventa un professionista nel 1992 fino al 2003 e in questi anni vince un Giro d’Italia, un Tour de France e conquista anche la medaglia di bronzo ai mondiali del 1995 disputati in Colombia, entrando così di diritto nell’Olimpo dei più grandi ciclisti contemporanei. Soprannominato, per il suo impegno e il suo sforzo, il ‘Pirata’.
Il primo grave incidente
Durante il suo percorso ciclistico, Pantani si procura numerose fratture a causa di diversi incidenti tra cui quello del 1995, dove fu investito da un fuoristrada durante la Milano-Torino, una corsa che si svolge ogni anno nel mese di ottobre. Dopo qualche mese ritornò a correre in alcune competizioni per prepararsi alla stagione successiva, decidendo di schierarsi con la Mercatone Uno, un gruppo tutto al maschile creato proprio per puntare ai grandi giri. Grazie a Marco Pantani, la squadra si aggiudicò la classifica generale del Giro d’Italia e del Tour de France. Infatti partecipò alla gara italiana ma dovette abbandonare la corsa per un incidente, dopo qualche mese, ritornò in sella per il Tour de France riportando due vittorie. Qualche anno dopo, precisamente il 2 giugno 1998, il ciclista partecipa di nuovo al Giro d’Italia e conquista la maglia rosa, ovvero il simbolo distintivo, ceduta ad esso da Alex Zulle, uno specialista del cronometro.
L’episodio di Madonna di Campiglio
Nello stesso anno, con un’adeguata preparazione, si presentò al Tour de France. Dimostrò di essere già da subito in una buona condizione dando il meglio di sé nelle tappe. Infatti dopo aver vinto due tappe, tra cui quella di Madonna di Campiglio, era dato già da tutti come vincitore finale, ma proprio perché Pantani stava dominando la corsa, le cose non andarono come pronosticato. Lì vennero pubblicati i risultati dei vari controlli effettuati dai medici sportivi e si venne a conoscenza del suo valore di ematocrito che era superiore ai regolamenti internazionali. Pantani, così, venne di conseguenza sospeso per ben 15 giorni e questo comportò la sua esclusione dalla gara. A questa notizia, anche la Mercatone Uno, decise di ritirarsi.
L’inizio di una lunga depressione
In quest’occasione, però, non risultò positivo al controllo antidoping, tanto è vero che avrebbe potuto partecipare al Tour successivo perché glielo avrebbero consentito, invece, Pantani rinunciò. Infatti con l’episodio di Madonna di Campiglio, il ciclista cadde in una forte depressione, rimanendo a lungo chiuso in casa, lontano da tutto e da tutti e, perciò, allontanandosi dalla sua grande passione. La depressione, le accuse dei media e della giustizia sportiva, poi anche la cocaina, lo distrussero in modo definitivo. Marco, tuttavia, tornò a correre sulle due ruote nel 2000, ma con scarsi successi, ma non per le sue condizioni fisiche, piuttosto per quelle psicologiche. Qualche anno dopo, nel 2003, torna a prepararsi sia per il Giro d’Italia che per il Tour de France; al Giro d’Italia arrivò ottavo mostrando un notevole ritardo soprattutto nella sua specialità, le scalate, e per questo al Tour de France decise di non partecipare. Nel frattempo Pantani venne accusato di frode sportiva e questo lo portò a scoraggiarsi sempre di più. Il 21 giugno 2003, Pantani entrò in una clinica specializzata nella cura della depressione e della dipendenza da alcol uscendone, poi, all’inizio di luglio.
La tragica morte
L’anno successivo, il 14 febbraio 2004, fu trovato morto in una stanza di un residence a Rimini e l’autopsia rivelò che la morte era stata causata da un edema polmonare e cerebrale, dovuto a un’overdose di cocaina. Contraria ai risultati dell’autopsia è la madre del ciclista, che sostiene che il figlio sia stato assassinato e che siano stati esclusi dall’indagine molti dettagli. La morte di Pantani lasciò sorpresi tutti gli appassionati delle due ruote, soprattutto tutti coloro che hanno scoperto questo sport grazie al suo talento.
Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpionico