[vc_row][vc_column][vc_column_text]«All’Atalanta prendevo un milione. All’Inter Moratti scrisse sull’assegno 15». «Ero un’ala che puntava l’uomo per saltarlo e poi facevo anche parecchi gol».
Angelo Domenghini è stato un allenatore di calcio ed ex calciatore italiano, di ruolo attaccante, campione d’Europa nel 1968 e vicecampione del mondo nel 1970 con la nazionale italiana (33 presenze in maglia azzurra).
Ha vinto cinque campionati con l’Inter e quattro con il Cagliari, due scudetti con il Mago Herrera e uno con il “filosofo” Scopigno. Era l’ala destra nella Grande Inter ai tempi di Suarez, Mazzola e Corso.
Angelo Domenghini, bergamasco doc, nato a Lallio il 25 agosto 1941 in una famiglia con ben nove figli tra maschi e femmine, agiva prevalentemente da ala, si distingueva per la velocità e la duttilità tattica. In possesso di grande potenza nel tiro, durante la militanza all’Inter ricoprì anche il ruolo di centravanti. Era una stella che volava sulla fascia destra. Poi, andato in Sardegna, ha scortato Gigi Riva verso il traguardo della storia.
Dice testualmente in una intervista: «Io facevo diventare matti tutti. A tredici, quattordici anni ero uno senza legge. Ne facevo di tutti i colori, dormivo nelle stalle, fumavo le pagine dei giornali vecchi, andavo a raccogliere le uova nei nidi delle rondini sui cornicioni della chiesa. Rubavo la frutta ai contadini e quelli mi inseguivano fino a casa, all’osteria. “Tuo figlio è un delinquente, un farabutto”. E allora i miei mi picchiavano. Mi picchiava mia madre, mi picchiavano le mie sorelle. Giù botte. Andando a letto, io dormivo con mio padre e mia madre. Prendevo subito sonno, ero stanchissimo. Mio padre saliva tardi, io mi svegliavo e lui mi guardava: “Delinquente, tu nella vita non farai niente”. E, già che c’era, giù un paio di sberle».
L’Atalanta lo accolse fin da piccolo nel suo famoso vivaio tra i verdi campi di Zingonia, dove crebbe tecnicamente e limò il suo carattere scatenato facendosi tutta la trafila nel settore giovanile.
Da persona schiva qual è, e senza ombra di dubbio, possiamo annoverarlo come il più grande calciatore bergamasco di tutti i tempi.
Ala classica, nato centravanti, ma con trascorsi da mezzala nel Verdello di don Antonio e dell’appassionatissimo Brolis, poi responsabile del settore giovanile atalantino, il Domingo, (soprannome da messicano) aveva il numero 7 inciso nel sottopelle più che sul dorso della maglia.
Esordì in Serie A proprio con gli orobici il 4 giugno 1961 nella sconfitta contro l’Udinese. Due anni più tardi, il 2 giugno 1963, realizzò una tripletta che consentì ai bergamaschi di aggiudicarsi la Coppa Italia ai danni del Torino. Lui e Giannini sono gli unici ad aver segnato tre reti nella finale della manifestazione.
Nel 1964 passò all’Inter di Helenio Herrera, giocando spesso da prima punta per via della presenza di Jair da Costa (calciatore brasiliano) nel ruolo di ala destra. Con 54 gol in 164 partite contribuì alla vittoria di due scudetti, una Coppa dei Campioni e due Coppe Intercontinentali. Firmò poi per il Cagliari, nell’ambito della trattativa che portò Roberto Boninsegna in nerazzurro; alla prima stagione in “rossoblu” vinse il campionato.
Dopo l’esperienza sarda, nel 1973 si trasferì alla Roma per volontà dell’allenatore Manlio Scopigno, con il quale aveva vinto lo scudetto nel 1970. Con la squadra giallorossa disputò una sola stagione, mettendo a segno 4 gol in 30 presenze; con il cambio di allenatore in favore di Nils Liedholm venne messo fuori dai piani della squadra.
Dopo l’esperienza nella capitale giocò in altri club, tra cui in Serie A Verona e Foggia, chiudendo nel Trento nel 1979. Conta 33 presenze e 7 gol in Nazionale, dove debuttò il 10 novembre 1963 contro l’Unione Sovietica. Nella finale dell’Europeo 1968 pareggiò la rete della Jugoslavia, permettendo agli azzurri di conquistare il titolo continentale nella ripetizione. Ai Mondiali 1970 realizzò il gol con cui la squadra italiana s’impose sulla Svezia; il torneo terminò con un secondo posto per gli azzurri, battuti dal Brasile in finale.
Tra le altre squadre, allenò a più riprese il Derthona, all’inizio della stagione 1983-1984 la Torres e la Sambenedettese nel campionato 1987-1988 e all’inizio della stagione 1988-1989.
Oggi vive nel centro di Lallio, quattro chilometri da Bergamo, due da Dalmine.
Il Cagliari lo ha inserito nella sua Hall of Fame.
Da Wikisport.eu, enciclopedia dello sport a cura di Daniele Masala – giornalista e campione olimpico.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]