[vc_row][vc_column][vc_column_text]Valentino Mazzola nacque a Cassano d’Adda il 26 gennaio 1919 da una famiglia molto modesta: il padre era operaio e morì nell’agosto 1940 investito da un camion.

La carriera

Valentino Mazzola ebbe un’infanzia disagiata: nel 1929, a causa della grande depressione il padre fu licenziato, così, per aiutare la famiglia, egli cominciò a lavorare l’anno seguente, quando aveva appena terminato la prima classe della scuola elementare, trovando impiego prima in un fornaio e successivamente in un linificio. Quando giocava nella squadra del suo quartiere, la Tresoldi, venne notato da un suo compaesano appassionato di calcio, che lavorava come collaudatore allo stabilimento dell’Alfa Romeo di Arese, grazie al quale ottenne un posto nella squadra aziendale e un nuovo lavoro da meccanico. A Venezia conseguì la licenza elementare frequentando una scuola serale. Considerato tra i più grandi numeri 10 della storia del calcio e, secondo alcuni, il migliore calciatore italiano di tutti i tempi, Mazzola fu capitano e simbolo del Grande Torino, la squadra riconosciuta come una delle più forti al mondo nella seconda metà degli anni 40. Con essa egli vinse 5 campionati, divenendo capitano della Nazionale Italiana. Si fece conoscere durante il periodo di militanza nel Venezia dove iniziò a giocare da mezz’ala sinistra, posizione che conservò per tutta la sua carriera e che gli consentì di espandere la sua fama oltre i confini italiani, al punto di venire considerato, nelle sue ultime stagioni, il più forte d’Europa nel suo ruolo. Nel 1939, mentre svolgeva il servizio militare in Marina, prese parte a diverse gare della squadra del Comando, fu notato da alcuni osservatori del Venezia, che dopo diverse sollecitazioni riuscirono a fargli fare un provino, al quale si presentò e giocò a piedi nudi, avendo lasciato intenzionalmente gli scarpini personali a casa per non rovinarli. il suo gioco convinse tutti, soprattutto l’allenatore che caldeggiò il suo acquisto. Al Venezia, Mazzola rimase per 4 stagioni totalizzando 61 presenze e 12 gol, vincendo una Coppa Italia.
Nel luglio del 1942 venne acquistato dal Torino. Al primo anno vinse subito Campionato e Coppa Italia segnando le reti decisive in entrambe le competizioni. L’anno successivo però in seguito alla guerra i campionati si fermarono e venne organizzato un campionato dell’Italia settentrionale che il Torino vinse facilmente con sedici vittorie e due pareggi, 78 gol fatti e 19 subiti. Mazzola realizzò complessivamente 20 reti. Nella successiva stagione calcistica 1945-1946, nel campionato “alta Italia”, Mazzola fu uno dei migliori realizzatori con 16 reti e il suo contributo per la conquista dello scudetto fu ancora tra i più importanti della squadra. Nella stagione 1946-1947 Mazzola, partito da capitano, diede un apporto considerevole per la vittoria di un ulteriore scudetto, il suo terzo personale, laureandosi capocannoniere con 29 centri.
Iniziò poi il campionato 1947-1948 in forma smagliante: dopo le prime 7 giornate era già capocannoniere con otto segnature. Sfortunatamente in seguito ebbe diversi problemi fisici che lo accompagnarono nei mesi di novembre e dicembre. Molti giornalisti non credettero a questi problemi e cominciarono a parlare di un possibile trasferimento di Mazzola all’Internazionale di Milano. Tutto questo mentre il Torino vinceva lo scudetto con cinque giornate di anticipo. A fine campionato i gol segnati dal Torino furono 125, record di reti in una massima serie, e 25 le reti realizzate dal capitano che giunse secondo nella classifica marcatori, dopo lo juventino Boniperti. Il campionato 48-49 comincia sulla falsariga dei precedenti Mazzola, all’apice della sua popolarità, concluse con otto reti il girone d’andata. Nel girone di ritorno però dovette convivere con diversi fastidi stiramento muscolare alla coscia mai guarito del tutto, lombalgia e una distorsione alla caviglia, che gli fecero ridurre sensibilmente gli allenamenti ed aumentare di peso. L’ultima partita di Mazzola è datata 3 Maggio 1949 quando i granata volarono a Lisbona per disputare il un’amichevole contro il Benfica, conclusasi 4-3 per i portoghesi. Una partita praticamente organizzata da Mazzola per l’addio al calcio dell’amico Francisco Ferreira capitano della squadra avversaria, in difficoltà economiche. I due si erano conosciuti il 27 febbraio, quando l’Italia aveva battuto il Portogallo 4-1 a Genova; nel dopopartita, in un ristorante, Ferreira e Mazzola discussero della partita il cui incasso sarebbe stato donato al lusitano come riconoscimento. Alla vigilia, la partenza di Mazzola era stata incerta per via delle sue non ancora perfette condizioni di salute e qualche quotidiano aveva riportato la notizia del suo probabile forfait, ma il capitano granata, invece, mantenne la promessa. Nel pomeriggio del 4 maggio, durante il viaggio di ritorno, in condizioni di scarsa visibilità per una nebbia fitta, l’aereo che riportava a casa la squadra, con i dirigenti e i giornalisti, si schiantò alle ore 17:03 contro il muro della Basilica di Superga, provocando la morte istantanea di tutte le trentuno persone a bordo.

Il compito di identificare le salme fu affidato all’ex Commissario Tecnico della Nazionale Vittorio Pozzo, che aveva trapiantato quasi tutto il Torino in Nazionale. Lo stesso Commissario Tecnico era stato invitato ad aggregarsi alla trasferta portoghese da Valentino Mazzola ma fu fortunatamente costretto a rifiutare per problemi familiari.
I funerali si tennero il 6 maggio; le salme furono portate a Palazzo Madama, da dove partì il corteo, proseguito fino al Duomo. Lo stesso giorno la FIGC proclamò il Torino campione d’Italia, a quattro giornate dal termine, approvando la proposta di Inter, Milan e Juventus. Dopo la proclamazione a tavolino della vittoria del campionato, gli avversari di turno, così come lo stesso Torino, schierarono le formazioni giovanili nelle restanti quattro partite. Il giorno dei funerali quasi un milione di persone scesero in piazza per dare l’ultimo saluto ai giocatori. Lo shock fu tale che l’anno seguente la nazionale si recò ai mondiali in Brasile viaggiando in nave.

 

La seconda guerra mondiale, prima, e l’improvvisa morte, dopo, negarono a Mazzola la chance di partecipare ai mondiali. Nelle sole competizioni amichevoli che giocò, con la Nazionale italiana non rese quanto le sue possibilità, tradito anche dall’emozione trasmessagli dalla maglia azzurra che indossò per dodici volte. Esordì il 5 aprile 1942 a Genova nella partita Italia-Croazia (4-0). Quattordici giorni dopo, a Milano, gli azzurri collezionarono un altro 4-0, questa volta ai danni della Spagna, e Mazzola, oltre a segnare la sua prima rete, risultò essere il migliore in campo. Disputò la terza gara a oltre tre anni e mezzo dalla precedente (periodo di sosta coincidente con il conflitto mondiale), a Zurigo con un 4-4 contro la Svizzera. Nel 1947 furono quattro gli incontri disputati, tutti accompagnati da prestazioni non eccellenti; il 14 dicembre 1947 indossò per la prima volta la fascia di capitano. Il 27 marzo 1949, a Madrid, Mazzola scese in campo per l’ultima volta con gli azzurri, che vinsero per 3-1 contro gli spagnoli, fornendo una prestazione rimarchevole come spesso fece con i granata: fu la sua migliore partita in Nazionale.
Tra le tante divise presenti al Museo del Calcio a Coverciano, quella granata con il 10 di Mazzola è l’unica maglia di una squadra di club.

Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpico

(Fonte foto: STORIE DI CALCIO – ALTERVISTA) [/vc_column_text][/vc_column][/vc_row]