Gino Bartali, per tutti Ginettaccio, icona mondiale del ciclismo di tutti i tempi grazie al suo celebre temperamento schietto e diretto, ancora oggi infervora ed emoziona tutti gli amanti delle due ruote.
Nasce in un piccolo sobborgo nei pressi di Firenze, Ponte A Ema, da papà Torello e mamma Giulia. Gino è il terzo figlio dopo due sorelle, Anita e Natalina , a cui si aggiungerà infine il fratello Giulio.
Quella del campione è una vita e una carriera da predestinato.
Nasce a luglio, nel mese del Tour de France , il giorno in cui la tappa in programma prevede la scalata del Galibier, dove nel ‘37 passerà in testa scrivendo la sua prima pagina di gloria negli annali della Grande Boucle.
Si avvicina alle due ruote prestissimo, già al tempo delle elementari più per necessità che per velleità sportive. Per completare gli studi elementari, infatti, deve raggiungere tutti i giorni Firenze con l’unico mezzo di locomozione disponibile al tempo: la bici, acquistata grazie ad un’intera stagione estiva di lavoro, necessario a causa delle precarie condizioni economiche di casa Bartali. Da subito ogni uscita con i compagni si trasforma in una gara con sfide memorabili come quella sulla salita dei Moccoli, con pendenze al 18%, spingendo un rapporto durissimo, il 48×26!
Finite le elementari, il giovane Gino si cimenta nell’officina di Oscar Casamonti, icona del ciclismo locale e all’epoca promettente dilettante .
Casamonti si rende subito conto di essere davanti ad un talento puro, e per testare le reali capacità del giovane Bartali organizza una piccola gara dal percorso impegnativo.
Tra gli iscritti nomi illustri di dilettanti locali ed il piccolo Gino a bordo della sua bici da passeggio, ben lontana dalle specialissime degli altri corridori.
Dopo 90 km tutti i ciclisti si sfilano uno dopo l’altro dietro un’azione micidiale di Casamonti (che come ci raccontano le cronache del tempo era dotato di una forza incredibile); tutti tranne una sagoma minuta a bordo di una rudimentale bici, il cui nome rimarrà impresso sulla bocca di tutti per i successivi 30 anni.
Inizia così la straordinaria ascesa di Gino Bartali, dapprima nelle file degli allievi e dei juniores per poi passare al mondo dilettantistico, cominciando ad accumulare vittorie su vittorie.

1935:Il grande salto tra i professionisti

Il grande salto tra i professionisti avviene nel 1935, con la prima partecipazione alla Milano-Sanremo , che lo vedrà arrivare 4° dopo una fuga solitaria ed enormi problemi meccanici.
Il resto della stagione si concluderà all’altezza delle premesse: 15 vittorie , tra cui quella al Giro dei Paesi Baschi, la Coppa Bernocchi, il campionato italiano a punti e una tappa al Giro d’Italia.


1936: Il primo Giro d’Italia
In quest’anno Bartali , lascia la formazione della Frijus per approdare in una squadra più solida, la Legnano , diretta da Edoardo Pavesi. Dopo una partenza di stagione non molto incisiva, arriviamo al vero obiettivo stagionale: il Giro d’Italia. Bartali costruisce il suo successo partendo da una massacrante vittoria con arrivo a L’Aquila dopo aver superato le asperità del Macerone, di Rionero Sannita e di San Benedetto, riuscendo a staccare tutti con 5 minuti di vantaggio sul secondo classificato.
È la consacrazione definitiva del campione toscano: un gigante delle montagne che si aggiudica così la Maglia Rosa e la classifica di miglior scalatore. È l’anno della gloria.
Ma quattro giorni dopo tutta questa euforia viene spazzata via da una tragica notizia : la morte del caro fratello Giulio, anch’egli promettente ciclista in erba.
Bartali commosso e straziato dal dolore medita il ritiro e solo l’azione delle sorelle , degli amici e dei vecchi campioni riescono a farlo desistere dalla repentina decisione.
In quello stesso anno vince il Giro di Lombardia, dove volando sulle rampe del Ghisallo stabilisce la sua dimensione di grande scalatore. Il 1936 sarà per il giovane campione un anno in chiaroscuro, dapprima la tragedia personale e poi l’incontro con l’amata Adriana, la compagna di sempre, della vita intera.

1937 – 1938: Il bis al Giro e l’esordio al Tour, il trionfo a Parigi

Anche nel 1937 la Maglia Rosa è di Bartali, che destreggiandosi tra le varie tappe, prepara il suo imminente esordio al Tour de France. Proprio nel corso di quest’ultima gara, Ginettaccio subirà la più grande delle ingiustizie: il ritiro forzato imposto dal regime fascista che in quegli anni padroneggiava l’Italia. Sempre per decisione del regime l’anno successivo porterà a termine l’ambito Tour de France in maglia gialla, rinunciando, però all’amato Giro d’Italia.
La sua vittoria sulle strade di Francia desta in Patria un grande entusiasmo: negli anni del regime, infatti, un italiano che vince all’estero è motivo di grande lustro per la nazione.

1939-1940: gli anni delle classiche

Gli anni ‘39 e ’40 sono l’uno la fotocopia dell’altro in termini di vittorie conseguite.
Bartali porterà a casa importanti primati nelle gare classiche: Milano–Sanremo, Giro della Toscana e Giro di Lombardia.
Il 1940 è anche anno di grandi cambiamenti. L’avvento nel ciclismo del giovane Fausto Coppi, vincitore in quell’anno del Giro d’Italia, segnerà l’inizio di una rivalità storica che cambierà per sempre gli equilibri del ciclismo internazionale. Alla chiusura del Giro la notizia dell’entrata in guerra dell’Italia sancirà la chiusura della prima parte della carriera del grande Bartali a causa dell’arresto forzato di tutte le competizioni.
Grossi ancora sono i rimpianti di non aver visto questo stupendo corridore all’opera in questo periodo, nel pieno della maturità e del vigore atletico.

1941-1944: Il ciclismo di guerra e le strade del coraggio

Durante questi anni ha avuto risalto un altro aspetto della personalità di questo grande campione di sport e di umanità. Durante il biennio fratricida del nostro novecento, Gino Bartali percorre decine di volte il tragitto Firenze –Assisi (380 km tutti in un giorno) in sella ad una bicicletta, nascondendo nel telaio fotografie e documenti contraffatti di ebrei rintanati nei conventi umbri a causa della persecuzione fascista.
Questa fitta rete clandestina, di cui Bartali è corriere, rappresenta per centinaia di persone inermi l’unica possibilità di salvezza. Come se non bastasse negli stessi mesi Gino offre protezione ad una famiglia ebrea nascondendola in cantina.
Bartali, a posteriori, ha sempre voluto tenere celato tutto ciò, sfuggendo alla notorietà e ai meriti; a suo dire “non e’ di queste cose che bisogna parlare, certe cose vanno fatte e basta”.


1945-1948 La ripresa della vita e delle corse

Con la fine della guerra, seppur tra mille difficoltà tutto ha di nuovo inizio, corse incluse, animate dalla ripresa di una vecchia rivalità: Bartali contro Coppi.
Alla fine della stagione agonistica del 1946 si rivedrà il toscano primeggiare al Giro d’Italia ed al Giro di Svizzera, mentre è del 1947 la vittoria per la terza volta alla classica di primavera di casa nostra, la Milano–Sanremo.
Dopo queste due annate che hanno visto Bartali protagonista solamente di rare vittorie, arriva l’anno del rilancio , il cui culmine coincide con la leggendaria vittoria al Tour de France.
Ancora ad oggi, nessuno è riuscito a vincere due edizioni a 10 anni di distanza l’una dall’altra.
I retroscena di questa vittoria sono storia comune: Bartali, notevolmente attardato, è ad un passo dal ritiro dalla corsa. In quegli stessi giorni , in Italia avviene l’attentato a Palmiro Togliatti.
Il nostro paese e’ ad un passo dalla guerra civile, e l’allora presidente del consiglio De Gasperi telefona a Bartali chiedendo una vittoria insperata al tour per alleviare la tensione politica e sociale del momento. Una promessa fatta ed una promessa mantenuta.

1949-1955 Gli anni del declino

Il 1949 è l’anno di Fausto Coppi e l’inizio del declino del grande Gino. L’airone, a discapito di Bartali, porterà a casa la storica doppietta Giro-Tour e non solo. Saranno suoi infatti anche la Milano-Sanremo, il campionato italiano ed il Giro di Lombardia. In questa situazione però Bartali, con i suoi 35 anni, ha il grande merito di essere il solo a poter tenere testa al campionissimo. Gino, infatti, è secondo al giro ed al tour.
Inizia l’ultima fase della carriera ciclistica del toscano che sino all’ultimo ha combattuto sulle strade non risparmiandosi mai e portando a casa importanti successi quali il campionato italiano su strada del ’52.
L’ultima corsa la disputerà il 28 novembre 1954.
Il 9 febbraio 1955, dopo aver percorso , secondo i suoi calcoli la bellezza di 600.000 km in tutta la sua carriera , Gino Bartali annuncia al mondo il suo ritiro dal ciclismo.
Gli anni che seguono, segnati anche dalla scomparsa prematura di Fausto Coppi, sono anni di impegno imprenditoriale, dedizione alla famiglia e di preghiera.
La grande fede sarà sempre il cardine della figura leggendaria di quest’uomo. Un aneddoto: negli anni di maggiore popolarità evitava di andare a messa in pubblico perché si era accorto che la sua presenza distoglieva la gente dalle funzioni religiose.
La salute comincia a tradire Bartali passati gli ottanta anni: il cuore che tanto lo aveva sostenuto durante gli sforzi disumani , chiedeva un aiuto, che arrivò grazie ad un pacemaker.
Consapevole che il suo tempo stava per finire, diventa via via più riflessivo, pur mostrando un uomo in pace con se stesso.
In una delle sue ultime interviste descrisse così la sua visione della vita:
“La vita è come un Giro d’Italia che sembra non finire mai, ma ad un certo punto arriva l’ultima tappa. E magari non te l’aspetti. Io adesso, comincio ad aspettarla. Fra un po’ ci chiama e si va lassù […] Il paradiso deve essere un luogo felice, come gli altopiani delle Dolomiti, dopo aver fatto cento tornanti , tutti sui pedali”.
Dopo tanta strada fatta nella vita, il 5 maggio del 2000 Ginettaccio si involò verso l’ultima ascesa.

Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala – giornalista e campione olimpico

Fonte foto: Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Bartali#/media/File:Gino_Bartali_1945.jpg  

Gino Bartali, per tutti Ginettaccio, icona mondiale del ciclismo di tutti i tempi grazie al suo celebre temperamento schietto e diretto, ancora oggi infervora ed emoziona tutti gli amanti delle due ruote.
Nasce in un piccolo sobborgo nei pressi di Firenze, Ponte A Ema, da papà Torello e mamma Giulia. Gino è il terzo figlio dopo due sorelle, Anita e Natalina , a cui si aggiungerà infine il fratello Giulio.
Quella del campione è una vita e una carriera da predestinato.
Nasce a luglio, nel mese del Tour de France , il giorno in cui la tappa in programma prevede la scalata del Galibier, dove nel ‘37 passerà in testa scrivendo la sua prima pagina di gloria negli annali della Grande Boucle.
Si avvicina alle due ruote prestissimo, già al tempo delle elementari più per necessità che per velleità sportive. Per completare gli studi elementari, infatti, deve raggiungere tutti i giorni Firenze con l’unico mezzo di locomozione disponibile al tempo: la bici, acquistata grazie ad un’intera stagione estiva di lavoro, necessario a causa delle precarie condizioni economiche di casa Bartali. Da subito ogni uscita con i compagni si trasforma in una gara con sfide memorabili come quella sulla salita dei Moccoli, con pendenze al 18%, spingendo un rapporto durissimo, il 48×26!
Finite le elementari, il giovane Gino si cimenta nell’officina di Oscar Casamonti, icona del ciclismo locale e all’epoca promettente dilettante .
Casamonti si rende subito conto di essere davanti ad un talento puro, e per testare le reali capacità del giovane Bartali organizza una piccola gara dal percorso impegnativo.
Tra gli iscritti nomi illustri di dilettanti locali ed il piccolo Gino a bordo della sua bici da passeggio, ben lontana dalle specialissime degli altri corridori.
Dopo 90 km tutti i ciclisti si sfilano uno dopo l’altro dietro un’azione micidiale di Casamonti (che come ci raccontano le cronache del tempo era dotato di una forza incredibile); tutti tranne una sagoma minuta a bordo di una rudimentale bici, il cui nome rimarrà impresso sulla bocca di tutti per i successivi 30 anni.
Inizia così la straordinaria ascesa di Gino Bartali, dapprima nelle file degli allievi e dei juniores per poi passare al mondo dilettantistico, cominciando ad accumulare vittorie su vittorie.

1935:Il grande salto tra i professionisti

Il grande salto tra i professionisti avviene nel 1935, con la prima partecipazione alla Milano-Sanremo , che lo vedrà arrivare 4° dopo una fuga solitaria ed enormi problemi meccanici.
Il resto della stagione si concluderà all’altezza delle premesse: 15 vittorie , tra cui quella al Giro dei Paesi Baschi, la Coppa Bernocchi, il campionato italiano a punti e una tappa al Giro d’Italia.


1936: Il primo Giro d’Italia
In quest’anno Bartali , lascia la formazione della Frijus per approdare in una squadra più solida, la Legnano , diretta da Edoardo Pavesi. Dopo una partenza di stagione non molto incisiva, arriviamo al vero obiettivo stagionale: il Giro d’Italia. Bartali costruisce il suo successo partendo da una massacrante vittoria con arrivo a L’Aquila dopo aver superato le asperità del Macerone, di Rionero Sannita e di San Benedetto, riuscendo a staccare tutti con 5 minuti di vantaggio sul secondo classificato.
È la consacrazione definitiva del campione toscano: un gigante delle montagne che si aggiudica così la Maglia Rosa e la classifica di miglior scalatore. È l’anno della gloria.
Ma quattro giorni dopo tutta questa euforia viene spazzata via da una tragica notizia : la morte del caro fratello Giulio, anch’egli promettente ciclista in erba.
Bartali commosso e straziato dal dolore medita il ritiro e solo l’azione delle sorelle , degli amici e dei vecchi campioni riescono a farlo desistere dalla repentina decisione.
In quello stesso anno vince il Giro di Lombardia, dove volando sulle rampe del Ghisallo stabilisce la sua dimensione di grande scalatore. Il 1936 sarà per il giovane campione un anno in chiaroscuro, dapprima la tragedia personale e poi l’incontro con l’amata Adriana, la compagna di sempre, della vita intera.

1937 – 1938: Il bis al Giro e l’esordio al Tour, il trionfo a Parigi

Anche nel 1937 la Maglia Rosa è di Bartali, che destreggiandosi tra le varie tappe, prepara il suo imminente esordio al Tour de France. Proprio nel corso di quest’ultima gara, Ginettaccio subirà la più grande delle ingiustizie: il ritiro forzato imposto dal regime fascista che in quegli anni padroneggiava l’Italia. Sempre per decisione del regime l’anno successivo porterà a termine l’ambito Tour de France in maglia gialla, rinunciando, però all’amato Giro d’Italia.
La sua vittoria sulle strade di Francia desta in Patria un grande entusiasmo: negli anni del regime, infatti, un italiano che vince all’estero è motivo di grande lustro per la nazione.

1939-1940: gli anni delle classiche

Gli anni ‘39 e ’40 sono l’uno la fotocopia dell’altro in termini di vittorie conseguite.
Bartali porterà a casa importanti primati nelle gare classiche: Milano–Sanremo, Giro della Toscana e Giro di Lombardia.
Il 1940 è anche anno di grandi cambiamenti. L’avvento nel ciclismo del giovane Fausto Coppi, vincitore in quell’anno del Giro d’Italia, segnerà l’inizio di una rivalità storica che cambierà per sempre gli equilibri del ciclismo internazionale. Alla chiusura del Giro la notizia dell’entrata in guerra dell’Italia sancirà la chiusura della prima parte della carriera del grande Bartali a causa dell’arresto forzato di tutte le competizioni.
Grossi ancora sono i rimpianti di non aver visto questo stupendo corridore all’opera in questo periodo, nel pieno della maturità e del vigore atletico.

1941-1944: Il ciclismo di guerra e le strade del coraggio

Durante questi anni ha avuto risalto un altro aspetto della personalità di questo grande campione di sport e di umanità. Durante il biennio fratricida del nostro novecento, Gino Bartali percorre decine di volte il tragitto Firenze –Assisi (380 km tutti in un giorno) in sella ad una bicicletta, nascondendo nel telaio fotografie e documenti contraffatti di ebrei rintanati nei conventi umbri a causa della persecuzione fascista.
Questa fitta rete clandestina, di cui Bartali è corriere, rappresenta per centinaia di persone inermi l’unica possibilità di salvezza. Come se non bastasse negli stessi mesi Gino offre protezione ad una famiglia ebrea nascondendola in cantina.
Bartali, a posteriori, ha sempre voluto tenere celato tutto ciò, sfuggendo alla notorietà e ai meriti; a suo dire “non e’ di queste cose che bisogna parlare, certe cose vanno fatte e basta”.


1945-1948 La ripresa della vita e delle corse

Con la fine della guerra, seppur tra mille difficoltà tutto ha di nuovo inizio, corse incluse, animate dalla ripresa di una vecchia rivalità: Bartali contro Coppi.
Alla fine della stagione agonistica del 1946 si rivedrà il toscano primeggiare al Giro d’Italia ed al Giro di Svizzera, mentre è del 1947 la vittoria per la terza volta alla classica di primavera di casa nostra, la Milano–Sanremo.
Dopo queste due annate che hanno visto Bartali protagonista solamente di rare vittorie, arriva l’anno del rilancio , il cui culmine coincide con la leggendaria vittoria al Tour de France.
Ancora ad oggi, nessuno è riuscito a vincere due edizioni a 10 anni di distanza l’una dall’altra.
I retroscena di questa vittoria sono storia comune: Bartali, notevolmente attardato, è ad un passo dal ritiro dalla corsa. In quegli stessi giorni , in Italia avviene l’attentato a Palmiro Togliatti.
Il nostro paese e’ ad un passo dalla guerra civile, e l’allora presidente del consiglio De Gasperi telefona a Bartali chiedendo una vittoria insperata al tour per alleviare la tensione politica e sociale del momento. Una promessa fatta ed una promessa mantenuta.

1949-1955 Gli anni del declino

Il 1949 è l’anno di Fausto Coppi e l’inizio del declino del grande Gino. L’airone, a discapito di Bartali, porterà a casa la storica doppietta Giro-Tour e non solo. Saranno suoi infatti anche la Milano-Sanremo, il campionato italiano ed il Giro di Lombardia. In questa situazione però Bartali, con i suoi 35 anni, ha il grande merito di essere il solo a poter tenere testa al campionissimo. Gino, infatti, è secondo al giro ed al tour.
Inizia l’ultima fase della carriera ciclistica del toscano che sino all’ultimo ha combattuto sulle strade non risparmiandosi mai e portando a casa importanti successi quali il campionato italiano su strada del ’52.
L’ultima corsa la disputerà il 28 novembre 1954.
Il 9 febbraio 1955, dopo aver percorso , secondo i suoi calcoli la bellezza di 600.000 km in tutta la sua carriera , Gino Bartali annuncia al mondo il suo ritiro dal ciclismo.
Gli anni che seguono, segnati anche dalla scomparsa prematura di Fausto Coppi, sono anni di impegno imprenditoriale, dedizione alla famiglia e di preghiera.
La grande fede sarà sempre il cardine della figura leggendaria di quest’uomo. Un aneddoto: negli anni di maggiore popolarità evitava di andare a messa in pubblico perché si era accorto che la sua presenza distoglieva la gente dalle funzioni religiose.
La salute comincia a tradire Bartali passati gli ottanta anni: il cuore che tanto lo aveva sostenuto durante gli sforzi disumani , chiedeva un aiuto, che arrivò grazie ad un pacemaker.
Consapevole che il suo tempo stava per finire, diventa via via più riflessivo, pur mostrando un uomo in pace con se stesso.
In una delle sue ultime interviste descrisse così la sua visione della vita:
“La vita è come un Giro d’Italia che sembra non finire mai, ma ad un certo punto arriva l’ultima tappa. E magari non te l’aspetti. Io adesso, comincio ad aspettarla. Fra un po’ ci chiama e si va lassù […] Il paradiso deve essere un luogo felice, come gli altopiani delle Dolomiti, dopo aver fatto cento tornanti , tutti sui pedali”.
Dopo tanta strada fatta nella vita, il 5 maggio del 2000 Ginettaccio si involò verso l’ultima ascesa.

Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala – giornalista e campione olimpico

Fonte foto: Wikipedia, https://it.wikipedia.org/wiki/Gino_Bartali#/media/File:Gino_Bartali_1945.jpg