Non c’è capitano migliore di un portiere, recita un vecchio luogo comune del calcio. E se il portiere in questione è Oliver Kahn, il gigante di Karlsruhe, non c’è niente di più vero. Pochi numeri uno hanno saputo diventare leggende come Oliver Kahn. Perché se è vero che un portiere deve infondere sicurezza ai compagni della difesa, ergersi a ultimo baluardo e convincere tutti, dal primo all’ultimo, che da quelle parti comanda lui e non si passa, beh, Oliver Kahn ci è riuscito in pieno.
Oliver Kahn, nato il 15 giugno 1969 a Kurlsruhe, ma originario della Lettonia, è uno dei più premiati giocatori tedeschi avendo vinto 8 campionati tedeschi, 6 coppe di Germania, 1 coppa UEFA, 1 coppa dei Campioni, e 1 coppa Intercontinentale.

Le sue performance nelle competizioni europee gli sono valse ben 4 premi come miglior portiere d’Europa e 2 come calciatore tedesco dell’anno. E’ stato il primo portiere nella storia a vincere il pallone d’oro nel mondiale del 2002 e ha vinto 3 premi come portiere dell’anno IFFHS (INTERNATIONAL FEDERATION OF FOOTBALL HISTORY E STATISTIC), un’associazione che si occupa delle statistiche e dei record, individuali o a squadre, riguardanti la storia del calcio e le competizioni organizzate dalla Fifa.

Gli inizi

Kahn Oliver esordì nel calcio all’età di 6 anni nei pulcini del Karlsruhe, squadra dove il papà Rolf militò tra il 1962 e il 1965, e sua città natale. Vedendo questo bambinetto dal buon fisico e molto alto i primi allenatori di Oliver lo piazzano in difesa come difensore centrale. Fortunatamente per la storia del calcio la carriera del piccolo Oliver come difensore centrale non durerà molto; infatti verrà fatto retrocedere di qualche metro e piazzato tra i tre pali. Dopo 12 anni di giovanili nel Karlsruher SC, nella stagione del 1987/88, entra a far parte della prima squadra del club come secondo portiere, esordendo il 27 novembre nella vittoria del Karlsruhe ai danni del Colonia. Dopo qualche anno da riserva, appresi i segreti del mestiere e calato l’inseparabile cappellino sulla fluente chioma bionda conquistò il posto di portiere titolare, nel 1990 prendendo possesso della porta del Karlsruher SC. Fu considerato un motivatore della squadra e un giocatore chiave, e grazie alle sue doti la squadra arrivò alla semifinale in coppa UEFA. Però, per iniziare a vincere qualche premio, Kahn deve aspettare il primo luglio 1994, ovvero il trasferimento al Bayern Monaco (per 4,6 milioni di marchi), dove divenne subito il portiere titolare. In mezzo a quei tre pali Oliver, carattere solare e spirito da burlone, diventa sempre più grande, sempre più leader. Batterlo diventa ogni giorno più difficile. Il suo fisico possente non gli impedisce di librarsi in volo con l’agilità di una libellula, con dei colpi di reni difficili solo da immaginare. Quando un attaccante si presenta davanti a Kahn, a tu per tu, il gol è tutt’altro che fatto. Oliver ci mette il corpo, sembra guardare negli occhi il suo avversario e sfidarlo. Quando allarga le braccia diventa grande, enorme. Insuperabile. Un titano che fa paura solo a guardarlo. E paura la fa davvero, perché sono in pochi a osare sfidarlo. Sono pochi i temerari che alzano la gamba quando Oliver si lancia in tuffo sul pallone, o che provano ad alzare il gomito con il portierone in uscita in presa alta. I pochi che ci provano si vedono arrivare addosso una furia, un gigante che gli sbraita in faccia tutta la sua rabbia. La stessa rabbia che diventa carica agonistica e viene trasmessa ai compagni della difesa, che vengono guidati, incitati e, ogni tanto anche insultati da Kahn per qualche errore di troppo. Tra i pali è il padrone della baracca. Sempre nello stesso anno, viste le sue doti, esordì nella nazionale di calcio della Germania. Con il Bayern, Kahn, quindi inizia a vincere importanti premi e lo stesso Bayern torna ai vertici del calcio europeo. Ma nel 1999 Oliver Kahn deve vivere, da vicino, molto vicino, la più bruciante delle sconfitte. C’è lui, infatti, in mezzo ai pali, mentre il Manchester United scrive la più incredibile pagina di storia della Champions League togliendo la coppa dalle mani dei bavaresi, che erano già pronti a sollevarla al cielo. La delusione fu grande, enorme, quasi come le sue spalle. Ma Oliver Kahn non era il tipo che si butta giù, infatti si consolò con la vincita del premio come miglior portiere al mondo. Si rialzò in piedi e trascinò di nuovo il Bayern all’ultimo atto della Champions League, due anni dopo. Il 23 maggio del 2001, a San Siro, affrontarono il Valencia, la partita terminò uno a uno per effetto di due rigori e così andarono a giocarsi dal dischetto anche la coppa. Kahn si sistemò tra i pali, con lo sguardo basso, la faccia cattiva e le braccia larghe. Si fece grande, sempre più grande, e volò a parare tre rigori dei sette calciati dagli spagnoli. Dopo il secondo rigore, deviato sulla traversa, si avventò sul pallone come se volesse mangiarlo, liberò un urlo carico di rabbia e poi subito volò a parare l’ultimo rigore, quello che consegnò la coppa al Bayern. Subito corse verso i suoi compagni urlando, ma, alla vista del portiere avversario in lacrime, la prima cosa che fece fu correre verso di lui. Per consolarlo gli raccontò di quando lui si era dovuto piegare ai due gol dello United, e gli fece comprendere che per ogni uomo che festeggia, nel calcio, c’è uno sconfitto che deve rialzarsi al più presto per rimettersi in piedi. Successivamente però venne un brutto periodo dove problemi personali e la mancanza di motivazioni furono responsabili di un rapido declino nella stagione 2002/03. Questo declino raggiunse l’apice quando la stampa, sia tedesca che estera, criticò molto il portiere del Bayern dopo l’eliminazione agli ottavi di finale contro il Real Madrid. Come se non bastasse, nella stagione 2006/07 durante una partita, una pallonata lo colpì in pieno volto, centrandolo negli occhi, e questo gli causò molti problemi tra cui l’annebbiamento della vista e la discolorazione. Ormai consapevole dell’essere arrivato alla fine della sua carriera decise comunque di onorare il suo contratto fino alla stagione successiva, 2007/08.

Dopo il ritiro

Il 17 maggio giocò la sua ultima partita in Bundesliga diventando il portiere con più presenze nel campionato, ben 557, mentre l’ultima apparizione in Europa fu il primo maggio dello stesso anno. Il 2 Settembre 2008 invece giocò la sua partita di addio, un’amichevole tra Bayern Monaco e Germania all’Allianz Arena finita 1-1. In quell’occasione indossò una maglietta con il nome di 5.500 fan che pagarono 150 euro per inserire il loro nome nella maglietta di “Olli”.

Curiosità

I soldi furono dati in beneficenza a un’associazione patrocinata da Oliver. Oliver Kahn è stato probabilmente uno dei migliori, se non il migliore, portiere del calcio e non smette mai di stupire: dopo essersi ritirato definitivamente dal calcio, l’ex portiere del Bayern Monaco e della nazionale tedesca, si è proposto come allenatore di squadre asiatiche che cercano l’esperienza degli europei per migliorare il loro calcio.

Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpionico

Fonte foto: Footballnews24.it