Paoletta Magoni nasce a Selvino il 14 settembre 1964. La passione per lo sport è padrona di casa nella sua famiglia, tant’è che il padre, oltre a chiamare sua figlia Francesca “ Proell’’ di secondo nome, riversa il suo ardore anche sul cane, un San Bernardo battezzato “ Thoeni’’.

Curiosità

L’infanzia di Paoletta trascorre in un momento storico piuttosto tormentato per il nostro paese: le vicissitudini del ’68, gli anni di piombo e della strategia della tensione e la guerra fredda. Tuttavia, l’eco di queste situazioni irrequiete giunge ovattato nelle montagne bergamasche, dove Paola cresce in serenità.

La carriera

Già a sette anni Paola inizia a gareggiare, con una caparbietà innata, che la porta a voler esprimere sempre il meglio di sé. Nonostante la stazza minuta (159 cm per 52 Kg), comincia a gareggiare nella specialità della discesa libera, con la quale si cimenta sin dalla prima adolescenza. Entra nel giro delle nazionali giovanili proprio come specialista delle prove veloci.

Ma solo gradualmente inizierà a brillare dapprima in gigante e successivamente in slalom. Le prime conferme del suo talento arrivano quando conquista la Coppa Europa di gigante nel 1980, viene poi selezionata per debuttare in Coppa del Mondo a sedici anni appena compiuti, nello slalom speciale di Piancavallo, nel quale chiude in una dignitosa quattordicesima posizione. Si mantiene stabilmente tra le prime quindici della disciplina. Ma è a partire dal 1982 che la sua stella inizia a brillare ancora più nitidamente. Quell’anno infatti ai Campionati Mondiali juniores di Auron si aggiudica la medaglia d’oro in combinata. Il padre Franco la segue sempre da vicino con l’immancabile pullmino con la scritta “Ski Team Magoni” , ed è ovviamente il suo primo tifoso, tanto da presentarsi dal giornalista Gianni merlo della Gazzetta dello Sport per rivendicare per la propria figliola sedicenne lo spazio che si meritava sul principale quotidiano sportivo italiano.

Dall’inverno 1982 la diciottenne Paoletta entra definitivamente in nazionale A, insediandosi in pianta stabile tra le prime dieci nelle gare di slalom speciale: in particolare, giunge sesta a Piancavallo il 17 Dicembre e ottava a Limone Piemonte. Al suo fianco, oltre al padre, c’è il tecnico Gianantonio Toni Morandi, che la seguiva già assieme ai suoi fratelli ai tempi dell’infanzia. La ragazza selvinese vive quello spirito di cameratismo e di armonia fondamentali per creare l’ambiente necessario ad esprimersi al meglio. Si lega in particolare alla valtellinese Daniela Zini e alla valdostana Fulvia Stevenin, fidata compagna di stanza in giro per il mondo. La stagione 1983-1984 troverà il suo culmine con la XIV edizione dei Giochi Olimpici Invernali, che si disputeranno a Sarajevo. Per poter staccare il biglietto per la città jugoslava, allora ancora lontana dagli orrori della guerra degli anni novanta, occorre cogliere un bel piazzamento nelle prime gare di Coppa del Mondo. A Kranjska Gora e a Sestriere fa un po’ di fatica, non riuscendo a centrare quel piazzamento nelle prime dieci che aveva ripetutamente dimostrato di valere. Sulle nevi cuneensi di Limone Piemonte coglie un brillante sesto posto, eguagliando il suo miglior risultato in carriera e coronando una splendida giornata per la Valanga Rosa, con Daniela Zini e Maria Rosa Quario ai primi due posti. Dunque la bergamasca può partecipare alla sua prima Olimpiade.

Il 13 febbraio prende parte al gigante, dove però chiude in trentaduesima posizione, lontanissima dalla vincitrice Debbie Armostrong. Ma lei punta tutto sullo slalom speciale, che si disputa quattro giorni più tardi. La notte precedente la gara, Paoletta sogna quello che accadrà di lì a poco: di sciare in assoluta tranquillità senza nessuno attorno e, una volta arrivata al traguardo, leggere sui cartelloni luminosi di aver fatto siglare il miglior tempo, la realtà non sarà tanto diversa. Il cielo è molto nuvoloso, e la giornata è freddissima, con la temperatura attorno ai dieci gradi sotto lo zero, chiude quarta, a soli 14 centesimi dall’altra transalpina Christelle Guignard.

Nella seconda manche, Paoletta compie il capolavoro della vita: scia con il suo stile non propriamente pulito, ma assolutamente efficace, dosando con accurata moderazione la sua proverbiale aggressività agonistica. Un palo dopo l’altro vola sul traguardo, facendo segnare il tempo di 47’62, nettamente davanti all’austriaca Roswitha Steiner e alla svizzera Erika Hess. Questa seconda manche si rivela un’impresa straordinaria, ma per il podio la strada è lunga e tortuosa, ci sono altre quattro atlete di altissimo livello; ci prova la francese Pelen, stesso tempo della Magoni in partenza, ma al traguardo paga 91 centesimi, quindi l’austriaca Kronblicher che cerca di attaccare come l’azzurra, ma sbaglia, perde il ritmo, questo significa che Paoletta è sul podio. La sua espressione al traguardo è più serena che mai, perché sa che nella peggiore delle ipotesi porterà a casa un’insperata medaglia di bronzo. Tocca ora alla campionessa del Liechtenstein che riesce a strappare un terzo posto, tutto è nelle mani della Guignard la gara dura 13 secondi prima dell’inforcata fatale. Paoletta Magoni conquista la medaglia d’oro, piange con la testa tra i guanti, e piange anche il padre per questo successo storico: è infatti il primo oro in assoluto ottenuto da una sciatrice azzurra ai Giochi Olimpici invernali. Non mancherà l’attimo di ansia, quando durante il controllo antidoping non si trova il tesserino con la foto necessario per il riconoscimento ufficiale, sarà grazie al tecnico Cimini che si da il via ai festeggiamenti. È la vittoria dell’umiltà, a Selvino è festa grande: tutto il paese scende in piazza per esaltare la campionessa, andando ad accoglierla all’Aeroporto di Linate pochi giorni più tardi.

Ma non è l’unica medaglia della Magoni infatti un mese più tardi coglie il terzo posto nello slalom di Jasna, nella stagione successiva ci si attendono importanti conferme, in estate brilla durante le classiche gare “amichevoli’’ in Argentina e poco dopo a Courmayeur, nel primo appuntamento stagionale con la Coppa del Mondo, eguaglia il terzo posto colto a Jasna l’anno precedente. Seguono un paio di gare fino a quando, il 14 gennaio 1985 Paoletta vince lo speciale di Pfronten , il mese dopo conquista il bronzo a Bormio.

Nella stagioni successive non riesce più a ripetersi sui livelli di quel biennio straordinario 1984-1985, sfiora il podio a Val Zoldana nel 1986 e centra il pass olimpico per Calgary 1988 dove chiude in settima posizione a poco più di un secondo dalla nuovo medaglia d’oro Vreni Schneider.

Dopo il ritiro

Al termine dell’avventura Paoletta opta per il ritiro dalle competizioni, una scelta che lascia sbigottiti molti, visto che ha appena 25 anni. Ma del resto, stare in giro per il mondo così tanti mesi all’anno, lontana dalla propria famiglia, è uno stress non indifferente, inoltre, sopraggiungono anche altre incomprensioni con la Federazione Italiana Sport Invernali che non le permette di allenarsi col proprio tecnico Toni Morandi, come invece avverrà pochi anni più tardi per Alberto Tomba e Deborah Compagnoni. Anche per questa ragione la Magoni si allontana dall’ambiente agonistico, intraprendendo così una nuova strada, quella di commessa in un negozio di articoli sportivi della Brianza, per poter mettere al servizio degli amatori la propria esperienza nel mondo dello sci: un modo originale ma efficace per continuare a respirare la magica aria dello sport e dello sci alpino.

Da Wikisport.eu, enciclopedia mondiale dello sport a cura di Daniele Masala, giornalista e campione olimpionico.

Foto da: AzzurriDiGloria.it